Fisiologicamente durante la fase di riposo (rilasciamento muscolare) degli arti, il sangue venoso defluisce dal sistema superficiale a quello profondo attraverso le vene perforanti, in maniera unidirezionale grazie al sistema valvolare.
Durante la contrazione dei muscoli cavisti del piede e di quelli dell’arto, il sangue è spinto verso l’alto, sempre in modo unidirezionale.
Nell’insufficienza venosa cronica, così come nella sindrome post-trombotica, il danno valvolare determina un reflusso venoso dal circolo profondo a quello superficiale, con ipertensione venosa e stasi.
Questi eventi si ripercuotono sul microcircolo con aumento della pressione idrostatica capillare, aumento della permeabilità e passaggio nell’ambiente extravasale di liquidi e macromolecole quali l’emosiderina, causa dell’iperpigmentazione e del fibrinogeno, responsabile della formazione dei manicotti di fibrina pericapillare, che ostacolando gli scambi gassosi, gettano le basi per le alterazioni trofiche e dunque delle ulcere.
Lo sproporzionato accumulo liquido nell’interstizio tessutale, determina un sovraccarico della rete linfatica e la comparsa dell’edema.
La stasi venulo-capillare genera un rallentamento del flusso leucocitario intravasale, una loro adesione alle pareti e la successiva migrazione extravasale. I leucociti, attivati, determinano citolisi con danno microcircolatorio e tessutale.
Clinica
Le ulcere venose insorgono, in genere, in sedemediale, regione perimalleolare. La cute perilesionale appare iperpigmentata, per l’accumulo dell’emosiderina, con zone di atrofia bianca di Milligan, lipodermatosclerosi. Il fondo della lesione può essere fibrinoso o granuleggiante, con bordo poco rilevato o piatto, a forma irregolare. La sintomatologia dolorosa è, in genere, assente, o quando presente si attenua con la sopraelevazione dell’arto. I polsi periferici sono presenti. All’anamnesi si potrà evidenziare pregresse TVP o un’insufficienza venosa cronica di vecchia data mal curata. Possono essere presenti i segni delle patologie di base: prurito, crampi notturni, senso di peso, parestesie.
Terapia
Il cardine della terapia è rappresentato dal:
- bendaggio elastocompressivo atto a correggere l’ipertensione venosa;
- tecniche di medicazione.
Per elastocompressione intendiamo l’applicazione sulla superficie di un arto di materiali atti a bilanciare condizioni d’ipertensione venosa e/o di stasi linfatica. Il passaggio di liquidi attraverso una membrana è regolato dalla legge di Starling,secondo la quale la forza di filtrazione (F) dipende dalla permeabilità della parete capillare (coefficiente di filtrazione )e dal gradiente si pressione idrostatica e oncotica tra sangue e tessuti. In presenza di un gradiente di pressione oncotica su una membrana semi-permeabile, capillare, si determina un passaggio di liquidi attraverso la barriera fino al raggiungimento della stessa concentrazione da entrambi i lati.L’applicazione esterna di una compressione provoca un aumento della pressione tessutale locale,riducendo la perdita dei fluidi ,determinando contemporaneamente un riassorbimento degli stessi nei vasi.
Nell’individuo in posizione eretta, sia in condizioni fisiologiche che patologiche la pressione venosa a livello del malleolo è circa 90 mmHg.
Durante la deambulazione, l’azione dei muscoli cavisti del piede e dei muscoli del polpaccio determina una riduzione della pressione al malleolo compresa tra 25-35 mmHg. Questa condizione emodinamica non si realizza, però, nel paziente affetto da insufficienza venosa cronica o sindrome post tromboflebitica, nei quali la pressione venosa non si riduce in maniera rilevante, infatti il danno valvolare ,provocato da queste patologie,induce un flusso retrogrado che opponendosi al fisiologico flusso venoso centripeto,provoca ipertensione nell’unità microcircolatoria. Il sistema venoso, coadiuvato dai vasi linfatici, si occupa di ricondurre verso il cuore il sangue refluo dai tessuti. Ogni qualvolta il deflusso venoso sia rallentato o ostacolato si realizza una sorta di ischemia delle cellule, la stasi infatti impedisce che l’ossigeno e le sostanze nutritive possano lasciare il versante arterioso del capillare per entrare negli spazi interstiziali e quindi giungere alle pareti cellulari per essere assorbite. Tutto ciò è determinato dal sovverti-mento dei rapporti pressori locali: il rallentamento del deflusso ematico comporta l’aumento della pressione interstiziale che può arrivare a controbilanciare la resi-dua pressione idrostatica arteriosa, mentre il mancato deflusso determina l’incremento delle oncotica ed osmotica perivascolare con conseguente ritenzione idrica ed edema, realizzandosi così un circolo vizioso che tende ad automantenersi
L’azione elastocompressiva si manifesta sia sul macro che sul microcircolo, determinando:
- Riduzione del calibro venoso
- Riduzione del reflusso
- Aumento della velocità di flusso
- Aumento del trasporto linfatico
- Riduzione della pressione interstiziale
- Riduzione dell’ectasia cappilaro-venulare
- Riduzione dell’edema interstiziale
L’azione elastocompressiva è in relazione alla legge di Laplace:
P = Tn / rh, dove:
- P = pressione esercitata sulla superficie cutanea
- T = tensione del tessuto elastico
- N = numero di spire della benda
- R = raggio di curvatura della superficie da comprimere
- H = altezza della benda.
Dall’analisi della formula appare evidente come la compressione sia direttamente proporzionale:
- Alla tensione del tessuto elastico
- Al numero di spire applicate
ed inversamente proporzionale:
- Al raggio di curvatura dell’ arto
- All’altezza della benda
L’elastocompressione può essere attuata mediante bendaggio o calza elastica.
Bendaggio elastocompressivo: i materiali
I materiali che sono usati nella realizzazione, di un bendaggio possono essere distinti in: Materiali di protezione.
Il cotone di Germania,le mousse e i bendaggi coesivi leggeri vengono utilizzati come elemento di fissaggio, assorbimento e protezione al di sotto dei bendaggi elastocompressivi.
La loro applicazione è consigliabile quando l’epidermide è particolarmente delicata e/o fragile, quando si vogliono proteggere zone a rischio, cresta tibiale e/o i malleoli, legato all’uso improprio delle bende.
Questi materiali possono essere apposti sull’arto per modificarne la circonferenza e variare il rapporto pressorio (vede legge Laplace).
Bende elastiche
La capacità di una benda di allungarsi se sottoposta ad una forza è definita estensibilità o capacità di allungamento. Raggiunto un determinato grado di allungamento, la struttura fisica della benda impedisce ulteriori estensioni.
Le bende utilizzate nell’elastocompressione vanno suddivise in:
- Anelastiche
- Elastiche
La benda anaelastica per eccellenza è quella all’ossido di zinco, utilizzata per bendaggi fissi, lasciati in sede anche per più giorni.
Le bende elastiche vanno distinte, a seconda della loro estensibilità, in:
- Bende a corto allungamento: 40-70% estensibilità, (adesive/ coesive e non adesive).
- Bende a medio allungamento: 70-140% estensibilità
- Bende ad elevato allungamento: oltre il 140%.
Nei bendaggi elastici, piccole variazione nell’estensione provocano minime variazioni della pressione di bendaggio, potendo inoltre assorbire variazioni di circonferenza dell’arto determinate dalla riduzione dell’edema.
Esiste un rapporto preciso tra elasticità della benda e pressione esercitata sull’arto, in condizione di riposo (pr. di riposo) e durante la deambulazione (pr. di lavoro).
Le bende inestensibili e quelle a corta elasticità sono caratterizzate da una bassa pressione di riposo e da un’alta pressione di lavoro. Durante la deambulazione, l’energia cinetica, sviluppatasi dalla contrazione della muscolatura del polpaccio, non può manifestarsi verso l’esterno, per l’inestensibilità del bendaggio, ma va a scaricarsi in profondità, determinando uno svuotamento ottimale del sistema venoso (alta pressione di lavoro).
Durante la fase di riposo muscolare, la benda, in relazione alla sua ridotta capacità elastica, non esercita alcuna pressione sull’arto (bassa pressione di riposo).
Le bende a media e lunga estensibilità presentano, al contrario, una bassa pressione di lavoro e un’alta pressione di riposo. Queste bende, infatti, durante la fase di contrazione muscolare si lasciano distendere provocando una dispersione d’energia cinetica verso l’esterno con una riduzione della compressione sul sistema venoso (bassa pressione di lavoro). Durante la fase di rilasciamento, invece, la benda mostra un’azione compressiva sull’arto (alta pressione di riposo).
Dal rapporto elasticità – pressione si deduce che mentre le bende anaelastiche possono essere lasciate in sede anche durante il riposo notturno (bassa pressione di riposo), quelle a media e lunga estensibilità vanno rimosse durante la notte per la loro azione compressiva persistente (alta pressione di riposo).
Modalità di bendaggio
Il paziente va posto in posizione supina, con gamba semiflessa e piede a 90°.
L’arto verrà sostenuto da un collaboratore per evitare la contrazione della muscolatura della gamba.La fascia andrà posta dalla radice delle dita fin sotto al ginocchio, utilizzando bende da 7.5 o 10cm.
La pressione che sarà esercitata nel sistemare, la benda dovrà essere adeguata ed uniforme in modo da evitare eccessive compressioni che possono ostacolare il deflusso venoso.
Il bendaggio potrà essere eseguito sia in mono che in doppio strato.
Il bendaggio a doppio strato si avvale della sovrapposizione di due tipi di bende, quali ad esempio una benda all’ossido di zinco (anaelastica) ed una benda a corta estensibilità adesiva o non.
Il bendaggio monostrato si avvale di un solo tipo di benda in genere non adesiva.
La scelta del tipo di bendaggio è influenzata dal turnover della medicazione: il bendaggio doppio strato troverà indicazione nei pazienti in cui sarà possibile medicare la lesione ad intervalli piuttosto lunghi (5-7 giorni), mentre un bendaggio con singola benda non adesiva sarà applicato in pazienti che per la quantità elevata d’essudato e/o per la presenza di contaminazione microbica di grado elevato richiedono una medicazione giornaliera.
Parametri di valutazione
Prima di praticare un bendaggio elastocompressivo, sia esso in mono che in duplice strato è necessario considerare alcuni parametri:
- Patologia da trattare
- Livelli d’essudato
- Frequenza e tipo delle medicazioni
- Caratteristiche cutanee
- Deambulazione del paziente
- Compliance del paziente
- Controindicazioni
- Disponibilità dei materiali
Alla presenza di un’ulcera mista il bendaggio elastocompressivo è controindicato o va fatto con particolare cautela.
Alla presenza d’alti livelli d’essudato, con cambi frequenti di medicazioni, sono da preferire bendaggi di tipo mobile anziché fisso.
La deambulazione influenza il tipo di bendaggio: in un paziente che deambula il bendaggio anaelastico o a corto allungamento mostra il massimo dell’azione emodinamica.
Elastocompressione e medicazioni avanzate
L’utilizzo di medicazioni avanzate con caratteristiche d’elevata adsorbenza ha fatto si che anche nelle ulcere con notevole essudato si possano applicare bendaggi fissi e a doppio strato.
In particolare una medicazione costituita da schiuma di poliuretano (Biatain) permette, grazie alla sua struttura alveolare e tridimensionale. di assorbire ma anche trattenere l’essudato sotto elastocompressione. Questa caratteristica permette un:
- Riduzione del turnover del bendaggio;
- Un rispetto della cute perilesionale;
- Un miglior comfort del paziente;
- Una riduzione dei costi;
- Una riduzione dei tempi di guarigione.
L’introduzione in campo terapeutico di materiali quali, le schiume di poliuretano e gli arginati ha determinato un miglioramento nella gestione delle ulcere e dei bendaggi elastocompressivi.
Una novità, in fase ancora di sperimentazione, è l’utilizzo di gambaletti elastici a compressione graduata, formati da due unità (caviglia- gamba) ULCER-KIT.
Il cui continuo utilizzo permetterebbe di ridurre i costi concernenti i bendaggi.
Calze elastiche
La terapia elastocompressiva può essere attuata anche con le calze a compressione graduata.
Le calze vanno distinte secondo la:
- Compressione
- Lunghezza
- Materiali
Quando la compressione esercitata alla caviglia è al disotto dei 18 mmHg, il tutore è detto “preventivo o riposante”. La sua efficacia è controversa, così come quella dei tutori elastici che dichiarano la pressione esercitata in “deniers” (den).
Quando la compressione esercitata alla caviglia supe-ra i 18 mmHg, il tutore è detto “terapeutico”. Esso esercita sull’arto inferiore una compressione definita e graduata, che è decrescente dal basso verso l’alto, essendo il 100% alla caviglia, il 70% al polpaccio e il 40% allacoscia410,418. Sulla base della compressione esercitata alla caviglia ed espressa in mm di Hg i tutori terapeutici vengono raggruppati in 4 classi. L’appartenenza di un tutore all’una o all’altra classe varia a seconda che si consideri la normativa tedesca oppure la normativa francese
Le ditte fabbricanti calze elastiche terapeutiche sulla base della normativa tedesca propongono quattro classi di compressione:
- Classe 1 ( 18-21 mmHg)
- Classe 2 (25-32 mmHg)
- Classe 3 (36-46 mmHg)
- Classe 4 (> 58.5 mmHg)
Sulla base della normativa francese NFG 30-102 B i tutori elastici terapeutici vengono ancora raggruppati in quattro classi di compressione, ma con valori inferiori:
- Classe 1 ( 10-15 mmHg)
- Classe 2 (16-20 mmHg)
- Classe 3 (21-36 mmHg)
- Classe 4 (> 36 mmHg)
Accanto alle calze preventive e a quelle terapeuti-che vanno prese in considerazione le calze cosiddette“ antiembolia per la profilassi degli episodi tromboembolici. Queste si differenziano dagli altri possono essere indossate e tollerate anche ariposo. Norme di costruzione. – Le norme di costruzione modelli, perché danno una compressione standard di18 mmHg alla caviglia e di 8 mmHg alla coscia e quindi possono essere lasciate in sede anche di notte.
Ogni quadro di insufficienza venosa cronica o acuta ha indicazione alla compressione, in associazione o no ad altri trattamenti. L’efficacia della elastocompressio-ne per il trattamento sintomatico e la prevenzione delle complicanze della insufficienza venosa cronica(IVC) è supportata dalla esperienza clinica e da copiosa letteratura scientifica. Il tipo di compressione, la modalità di applicazione, la durata dell’uso, variano per ciascun quadro clinico e per ciascun paziente stesso all’interno di gruppi di patologie equivalenti: pertanto la scelta del tutore compressivo richiede di essere modellata alle necessità del singolo paziente ed alla entità della malattia. Per rendere omoge-nei i criteri di valutazione dell’IVC e acuta, nella profi-lassi e nella terapia, devono essere usati standards classi-ficativi comuni quali la classificazione internazionaleCEAPper l’IVC e la categorizzazione di rischio Alto/Moderato/Basso del Consensus Statement on Preventionof Venous Thromboembolism.Vol. 4, No. 1-2ACTAPHLEBOLOGICA2.
Tromboflebiti superficiali: La tromboflebite superficiale è considerata una malattia benigna in assenza di fattori di rischio trombo-filici, generalmente quale comune complicanza delle vene varicose. Tuttavia può evolvere in embolia polmonare ed esser fatale. La compressione elastica, sempre unita alla deambulazione ed a fianco della terapia farmacologica (antiinfiammatoria/eparinica), trova la prima indicazione al trattamento ed alla prevenzione dell’estensione.
Trombosi venose profonde Prevenzione della TVP. – Le calze a compressione elastica graduata riducono l’incidenza di TVP dopo chi-rurgia con compressione ottimale da 18-20 mmHg alla caviglia a 8 mmHg alla coscia. In chirurgia generale ed ortopedica, in neurochirurgia la compressione elastica ha dimostrato efficacia nel ridurre la incidenza di TVPsia da sola che in associazione ad eparine. In ambienti riabilitativi è stata testata l’efficacia della compressione elastica sia sola che associata a basse dosi di EBPM nella profilassi prolungata della TVPin pazienti a rischio emorragico o con recenti emorragie acute. L’utilizzo di gambaletti “antitroboembolici” è stato inoltre proposto per la prevenzione della TVP del viaggiatore, o “da classe economica”; rara, e controversa , sindrome caratterizzata da TVP asintomatiche ed episodi di “morte improvvisa” da embolia polmonare massiva, causate dalla prolungata immobilità incorso di viaggi aerei intercontinentali ma anche da viaggi in treno od autobus della durata di molte ore.
Terapia della TVP. Pur senza evidenze da studi con-trollati, il corrente trattamento delle TVP rimane basato sull’uso dell’eparina con un ruolo emergente per le epa-rine a basso peso molecolare.È conosciuta da tempo peraltro l’indicazione di alcuni flebologi alla compressione con mobilizzazione, anche in fase acuta delle TVP . La mobilizzazione precocecon compressione di II classe ha recentemente dimostrato efficacia sia nei confronti della riduzione dell’edema che sulla ricanalizzazione in assenza di complicanze tromboemboliche rispetto ad una popolazione di controllo. Vi sono scarse evidenze circa il “timing” per l’ini-zio della terapia compressiva, la sua durata, ed il livello di compressione più adatto.
Prevenzione della Sindrome Post-Trombotica. La Sindrome Post-Trombotica (SPT) consegue ad una TVPcon percentuali tra il 10% ed il 100% e con sequele manifestantesi tra l’edema di media entità e l’edema invalidante con dolore, alterazioni trofiche cutanee finoall’ulcerazione9; l’indicazione all’impiego di gambaletti elastici a compressione 40 mmHg alla caviglia per almeno 2 anni ha ricevuto l’avallo di uno studio randomizzato controllato con dimezzamento dell’incidenza di SPT quando la calza era regolarmente usata.
Terapia compressiva in gravidanza: La gravidanza è associata a numerosi cambiamenti della fisiologia del ritorno venoso, tra i quali la dilata-zione dei vasi causata dell’ipertensione venosa da com-pressione delle vene addomino-pelviche. La comparsa o il peggioramento di teleangiectasie e varici sono frequenti ma tendono a regredire pressoché completamente nelle settimane successive al parto. Il trattamento è conservativo e si basa essenzialmente sulla compressione elastica. La Compressione Pneumatica Intermitten-te sembra giocare un ruolo limitato nelle riduzione dell’edema perimalleolare439. La compressione con calze di I o II classe non ridurrebbe la comparsa di teleangiectasie e piccole varici ma sarebbe efficace nella prevenzio-ne della comparsa di reflussi safenici.
Insufficienza venosa cronica
- Sintomi di lieve insufficienza venosa di tipo funzionale(CEAP 0 = non segni visibili di malattia venosa) : Calze con pressioni alla caviglia di 8 e 12 mmHg ma non con com-pressione decrescente verso la coscia, hanno dimostrato riduzione dell’edema perimalleolare e dei sintomi dipesantezza e gonfiore dopo prolungata stazione eretta sul lavoro in donne sane.
- Teleangiectasie e varici reticolari (CEAP“ 1” ) La presenza di ectasie venose accompagnanti sintomi clinici di IVC da indicazione ad un incremento dei livelli di compressione da esercitare alla caviglia e conseguentemente a polpaccio e coscia.
- Vene varicose (CEAP“ 2” )La compressione è da considerarsi fondamentale perla gestione clinica del paziente con vene varicose per gli effetti di riduzione di pesantezza e dolore ed emodinamici e sul trofismo tessutale sia sola che in associa-zione a terapia farmacologica. In un piccolo gruppo di31 pazienti, peraltro affetti da varici non complica calze con compressioni minori, 20 mmHg alla caviglia, sono risultate altrettanto efficaci sia dal punto di vista clinico che emodinamico di calze con pressione di 30mmHg, con una migliore compliance.
- Edema (CEAP“ 3” ) L’edema è una complicanza comune dell’insufficienza venosa sin dagli stadi di minor rilevanza clinica. È presente come succulenza perimalleolare serotina nell’ IVC e compare progressivamente più evidente nella malattia varicosa complicata da compromissione cutaneae nell’ulcera da stasi. L’eziopatogenesi è rappresentata dallo stravolgimento dei rapporti pressori interstiziali causato dall’ipertensione venosa. In lavoratori affetti da IVC costretti alla prolungata stazione eretta calze ela-stiche di II classe di compressione hanno dimostrato efficacia nel contrastare la formazione dell’edema e nel ridurre la sensazione di dolore e tensione agli arti inferiori. Calze con valori di “slope” più elevati (au-mento della compressione trasmessa dalla calza conseguente all’aumento della sua circonferenza di un cm)sembrano maggiormente efficaci nella prevenzione della formazione dell’edema
- Turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczemavenoso, ipodermite, ulcera cicatrizzata (CEAP“ 4” eCEAP“ 5” ) La presenza di alterazioni cutanee nella malattia venosa cronica è indice di grave sofferenza tessutale sostenuta da ipossia da stasi cronica. Da una revisione della letteratura operata da Moffatt risulta una incidenza di recidiva di ulcera senza compressione nei 2/3 dei pazienti.
- Ulcera venosa (CEAP“ 6” ) Il trattamento dell’ulcera venosa risente efficacemente della terapia compressiva successiva a detersione chirurgica e/o farmacologica locale, mediante calze compressive elastiche, bendaggio di Unna, bendaggio multistrato, compressione pneumatica intermittente. Una revisione della letteratura pubblicata nel 1997 sul BMJ153cheha preso in considerazione tutti i trials disponibili sul trattamento dell’ulcera venosa ha consentito di concludere che la compressione migliora la prognosi di questa affezione, privilegiando l’uso di alti livelli pressori. Non vi sarebbe chiara superiorità di un sistema di fasciatura rispetto ad altri: multistrato, benda a corto allungamento, bendaggio di Unna, calza elastiche.
In merito alla patologia linfatica:
- Le calze della 1 classe sono utilizzate nel linfedema al 1° stadio.
- La 2 classe trova indicazione nel linfedema al 2° stadio.
- La 3 classe va prescritta a pazienti con linfedema al 3° stadio.
- La classe 4 troverebbe indicazione nei linfedema al 4° e 5° stadio.
Secondo il parametro lunghezza possiamo classificarle in:
- Gambaletto;
- Collant;
- Monocollant;
- Mezza coscia;
- Coscia.
I materiali utilizzati nella produzione delle calze possono essere: caucciù, cotone, nylon, lycra e microfibra. Il materiale influenza:
- I costi;
- Il comfort;
- La resistenza;
- L’aspetto estetico.
Controndicazioni:
- Arteriopatie (indice di Winsor < 0.8)
- Insufficienza cardiaca grave
- Infezioni batteriche locali
- Intolleranza cutanea
- Microangiopatia diabetica
Un’alternativa ai bendaggi elastocompressivo è data dall’utilizzo di sistemi elastocompressivi nel trattamento delle ulcere venose. Uno di questi,UlcerKit, è costituito da due unità, una prima che avvolge il piede, fino alla caviglia e una seconda che avvolge la gamba fin sotto il ginocchio; le due parti sovrapponendosi formano un gambaletto a compressione decrescente. I tratti che si sovrappongono sono delimitati da una sottile striscia colorata e composti da un tessuto più leggero che produce, nella zona di sovrapposizione, una corretta pressione decrescente come nel resto della calza.
Da studi effettuati (Nebbioso – Petrella 2002-2004) si evince che l’UlcerKit:
- offre buone percentuali di guarigione,
- permette l’abolizione del turnover dei bendaggi,
- non è operatore dipendente,
- crea la possibilità di automedicazione da parte del paziente,
- determina la contrazione dei tempi delle liste di attesa e la riduzione dei costi.
L’utilizzo dell’UlcerKit è risultato determinante in quelle lesioni che per l’abbondanza dell’essudato costringevano il paziente a rimuovere il bendaggio, restandone senza fino al successivo controllo ambulatoriale
Una novità, in fase ancora di sperimentazione, è l’utilizzo di gambaletti elastici a compressione graduata, formati da due unità (caviglia-gamba)
Il cui continuo utilizzo permetterebbe di ridurre i costi concernenti i bendaggi.
Una riduzione dei costi può essere ottenuta apponendo, al di sotto del bendaggio, medicazioni avanzate (schiuma di poliuretano e/o arginati) che adsorbendo l’essudato ridurrebbero il numero dei cambi di bendaggio.
2 risposte
frattura tibia e perone esposta, scomposta e pluriframmentata. Trombosi all medesimo arto, danni venosi post trombotici venosi, le arterie non presentano danni ma il flusso sanguigno si presenta monofasico. .Attualmente ulcere vascolari da 5 anni che coprono l interno pianto tibiale con ulcere profonde e tutto il restante polpaccio e parte esterna con un unica vasta ulcera non a cora profonda e tante piccole isole nel polpaccio Estremamente dolorose. Tantissimo essudato, Le scarpe si riempiono nell arco del pomeriggio. Medicazione leggera giornaliera con amuchina med e sorfagen, garze tessuto non tessuto e bendaggio in cotone. Il dolore é lancinante penetra le ossa prende caviglia e ginocchio, prescritto palexia dal medico di base ma non fa assolutamente nulla. Non dormo piu nn riesco e non riesco piú a vivere .. Cosa posso prendere come terapia del dolore?
Buongiorno,
da quanto ci dice la sua dovrebbe essere un’ulcera mista ( arterovenosa). Il dolore dipende anche dall’iperessudazione della lesione che le porta anche il bruciore e dalla possibile presenza di infezione.
Ogni volta che l’ulcera bagna deve cambiare la medicazione , usando medicazioni assorbenti in idrofibra e sovrapponedo cotone di Germania per assorbire ancora di più.
Molto importante è la pulizia della ferita.
Dovrebbe fare anche un tampone con antibiogramma dell’ulcera.
Essendo un ulcera molto complicata sarebbe opportuno rivolgersi ad un esperto.
Se ci dice dove risiede potremmo indicare un riferimento.