La preparazione del letto della ferita (Wound Bed Preparation, WBP) è il primo passo per favorire la guarigione della lesione e accrescere l’efficacia di altre misure terapeutiche [3].
Nel caso di lesioni cutanee che presentano tessuto devitalizzato, slough o biofilm lo step iniziale della WBP è costituito dal debridement.
Oggi sono disponibili molte tecnologie per la detersione e il debridement: il loro utilizzo ha l’obiettivo di prevenire le infezioni, rimuovendo il biofilm, e di supportare la rapida crescita di tessuto sano, così da raggiungere la guarigione della ferita.
È necessario asportare tutto il materiale necrotico possibile, avendo cura di risparmiare il tessuto sano, in tal modo, Il debridement, riduce la carica batterica, permette il drenaggio della lesione, rimuove le cellule senescenti perilesionale aumentando immediatamente la perfusione locale. Dato che il debridement rappresenta una tappa fondamentale nella gestione delle ferite, esso può essere applicato a tutti i tipi di ferite, indipendentemente dalla loro diagnosi e origine. La scelta del debridement deve tener conto dei differenti tipi di tessuto, del bioburden che ricopre il letto della ferita, i livelli di essudato, le condizioni dei margini e della cute perilesionale e in ultimo, ma non ultimo, il setting assistenziale e l’esperienza dell’operatore.
Tipologia di Debridement
Meccanico
Il debridement meccanico si basa sull‘uso di garze asciutte, garze bagnato/asciutte, garze impregnate / paraffinate, o una pad in fibre monofilamento per rimuovere il tessuto non vitale dal letto della ferita.
I dispositivi in monofilamento, sterile e monouso, sono composti da due strati: uno strato anteriore in microfibra e uno posteriore in polipropilene assorbente. La particolare struttura in microfibra raccoglie e trattiene slough e materiale necrotico del letto della lesione, preservando l’area peri-lesionale e il tessuto di granulazione formatosi. Il lato posto a contatto con la ferita ha una consistenza morbida e, una volta inumidito, viene delicatamente strofinato sulla superficie della ferita per 2-4 minuti.
Col termine di “wet to dry” si intende una procedura basata sulla applicazione sulla ferita di medicazioni in garza inumidite. Mano a mano che il tessuto devitalizzato si asciuga, si re-indurisce attaccandosi alle garze; quando la medicazione viene rimossa, il materiale aderente viene tirato via. Le medicazioni bagnato-asciutte sono raccomandate come trattamento solo per un breve periodo per le ferite necrotiche.
Autolitico
Il termine debridement autolitico descrive un processo fisiologico in tutti i tipi di ferite che è supportato tramite una strategia di gestione in ambiente umido ed è indicato per diversi tipi di ferite acute e croniche con tessuto necrotico o con una patina di fibrina, allo scopo di reidratare, ammorbidire e liquefare l‘escara coriacea e lo slough.
I prodotti per il debridement autolitico hanno una doppia modalità di azione. Possono donare
acqua alle ferite disidratate, o assorbire liquidi dalle ferite moderatamente essudanti. L‘idea alla base del debridement autolitico è quella di un debridement selettivo che agisce in virtù del rilascio
degli enzimi proteolitici endogeni del paziente e dell‘attivazione dei fagociti. Questi enzimi ammorbidiscono, degradano sciolgono il tessuto necrotico o lo slough nelle ferite, consentendone la digestione da parte dei macrofagi. La maggior parte di questi enzimi è prodotto dai leucociti. Un altro aspetto del debridement autolitico è mediato dall‘elevato contenuto in acqua, per esempio, degli idrogeli e dall‘effetto idratante delle medicazioni assorbenti che porta al rigonfiamento del tessuto necrotico e della patina di fibrina, facilitandone il distacco.
I prodotti per il debridement autolitico si possono trovare sotto diverse forme, con differenti proprietà, vantaggi e limitazioni.
Essi sono suddivisi nei seguenti gruppi:
- Gli idrogeli, o medicazioni a base di idrogel, sono omopolimeri o copolimeri cross-linked, tridimensionali, saturati con acqua. La proporzione di acqua nelle medicazioni a base di idrogel può variare dal 30% al 90%. Nella maggior parte degli idrogeli sono incorporati differenti agenti gelificanti, come la carbossimetilcellulosa.
- Gli idrocolloidi sono composti da carbossimetilcellulosa, gelatina, pectina, elastomeri e adesivi che si convertono in gel in seguito all‘assorbimento di essudato.
- Le medicazioni altamente assorbenti con proprietà autolitiche e occlusive, come le medicazioni con una formulazione multifunzionale in membrana polimerica e tecniche di idratazione (ossia tecnologia idrorereattiva [HRT]). Queste medicazioni sono stateprogettate per gestire l‘essudato, con l‘obiettivo di creare un ambiente umido e fisiologico per il debridement autolitico. Alcune medicazioni contengono un polimero idrofilo di amido modificato nella sua rete tridimensionale in cui è stato fisicamente vincolato lo iodio.
- Le idrofibre, tra cui le fibre in carbossimetilcellulosa, che si trasformano in un gel quando vengono a contatto con l‘essudato della ferita, facilitando così la rimozione del tessuto non vitale. Le medicazioni in idrofibra sono altamente assorbenti e sono disponibili in commercio in versioni contenenti argento e altri antimicrobici.
- Medicazioni multi-componenti. Alcune medicazioni combinano caratteristiche autolitiche, assorbenti e antimicrobiche per il processo di debridement. Tali medicazioni includono polimeri idratati di alginato in una matrice di acqua/ glicolepolietilenico (PEG), incorporato in un complesso enzimatico antimicrobico ossidasi / perossidasi.
- Miele di Manuka: può essere inquadrato come un debridement a cavallo tra quello autolitico e quello biologico. Il miele, essendo principalmente zucchero, agisce mediante un “effetto osmotico” che porta il fluido dai tessuti più profondi alla superficie della ferita bagnando la ferita, ammorbidendo e liquefacendo e favorendo infine la rimozione del tessuto necrotico. L’elevato contenuto di zuccheri del miele favorisce il bilanciamento dei liquidi (idratazione) da un’area a concentrazione maggiore ad un’area più asciutta. Il fluido linfatico viene richiamato in superficie dai tessuti più profondi. Questo effetto osmotico aiuta a ridurre l’edema (stato infiammatorio) e permette una rimozione efficace dei tessuti devitalizzati. L’aumento di idratazione ed il flusso dei liquidi aiuta a sollevare meccanicamente il tessuto necrotico.
Favorendo infine la rimozione del tessuto necrotico. L’elevato contenuto di zuccheri del miele favorisce il bilanciamento dei liquidi (idratazione) da un’area a concentrazione maggiore ad un’area più asciutta.
Il fluido linfatico viene richiamato in superficie dai tessuti più profondi. Questo effetto osmotico aiuta a ridurre l’edema (stato infiammatorio) e permette una rimozione efficace dei tessuti devitalizzati.
L’aumento di idratazione ed il flusso dei liquidi aiuta a sollevare meccanicamente il tessuto necrotico.
Enzimatico
Sfrutta l’azione di enzimi proteolitici, in gel o in unguento, che dovrebbero agire in sinergia con gli enzimi endogeni.
Gli enzimi proteolitici hanno la funzione di idrolizzare i legami peptidici, al fine di facilitare la rimozione del tessuto non vitale da una ferita. Questi enzimi possono essere suddivisi in endopeptidasi e esopeptidasi. Le esopeptidasi idrolizzano le estremità ammino- o carbossi-terminale, mentre le endopeptidasi degradano i legami peptidici all’interno delle molecole proteiche.
- Le collagenasi sono un sottogruppo di metalloenzimi apparteneti alla classe delle metalloproteasi della matrice (MMP) in grado di degradare il collagene umano a tripla elica, ma non attaccano cheratina, tessuto adiposo, fibrina o emoglobina. La collagenasi batterica promuove la guarigione delle ferite mediante la digestione dei fasci di fibrille di collagene nativo che si legano al tessuto non vitale sulla superficie della ferita, e mediante la dissoluzione dei detriti di collagene all’interno della ferita. I prodotti più comunemente usati contengono la collagenasi Clostridiopeptidasi A ricavata dal Clostridium histolyticum. In alcuni prodotti alla collagenasi è aggiunto il cloramfenicolo mentre in altri è presente l’acido ialuronico.Quest’ultimo preparato mostra l’attività più alta a pH compreso tra 7 e 9, decrescendo in modo significativo a pH <7 e perdendo completamente attività a pH <5,5. Questa proprietà consente a V. alginolyticus collagenasi di agire in a modo selettivo esclusivamente su ferite che non guariscono il cui ph si aggira tra 7.15 e 8.9 ( ph alcalino
- La streptochinasi è una chinasi degradante la fibrina, con un sito di attacco privilegiato nel legame arginina-valina. La streptochinasi catalizza la produzione di plasmina capace di degradare la fibrina
- La streptodornasi è una deossiribonucleasi (DNAsi) fluidifica le nucleoproteine viscose delle cellule morte o pus e non ha alcun effetto sulle cellule viventi.
- La papaina digerisce i tessuti necrotici mediante la liquefazione dei detriti fibrinosi nell‘arco di un‘ampia gamma di pH, da 3 a 12.
Per garantire la piena efficacia durante il trattamento con enzimi proteolitici, le ferite deve sempre essere presente un livello di umidità sufficiente nel letto della ferita. La pomata enzimatica dovrebbe essere applicata in uno strato di circa 2-3mm di spessore sulle aree di tessuto non vitale, una o due volte al giorno. Le ferite secche rappresentano una controindicazione relativa all‘uso di enzimi proteolitici inoltre l‘utilizzo concomitante, ad esempio, di antisettici o saponi dovrebbe essere evitato in quanto alcuni enzimi vengono inattivati dalla presenza di queste soluzioni. Una controindicazione per la streptochinasi è costituita dalle ferite acute, perché la scissione della fibrina aumenta il rischio di sanguinamento.
Chirurgico
Questa tecnica di detersione consiste nel rimuovere chirurgicamente (con bisturi, forbici etc.) materiale necrotico o altro presente in una lesione.
Il ricorso a metodiche cruenti non deve avvenire solo per rimuovere escare o necrosi ma anche per provvedere alla rimozione immediata di materiale di colliquazione, indulto fibro-membranoso e/o alla rimozione di setti o sepimenti che possono limitare o racchiudere cavità all’interno della lesione. La detersione della lesione è il mezzo migliore per controllare lo sviluppo di colonie batteriche, pertanto l’operatore si potrà trovare nella condizione di dover abbattere la carica batterica con azioni rapide che diano un immediato risultato. Questo obbiettivo è realizzabile solo attraverso una procedura chirurgica in quanto gli altri sistemi della detersione hanno tempi troppo lunghi o addirittura potrebbero essere controindicati.
Prima di procedere a qualsiasi manovra chirurgica bisogna assolutamente valutare se il paziente, sottoposto a tale procedura, possa avvertire dolore. In caso di valutazione positiva, l’applicazione di un anestetico topica sulla lesione 30 min. prima dell’intervento, associata ad eventuale terapia analgesica, riduce in maniera significativa questo rischio.
Non si consiglia di praticare una anestesia locale per infiltrazione sulla cute perilesionale per il rischio di estendere la necrosi. Si consiglia di aggredire la necrosi con un approccio, che vada dalla periferia al centro della lesione.
Il debridement chirurgico presenta diversi vantaggi: Il primo, che immediatamente ci si rende conto della profondità a cui doversi spingere per effettuare una buona necrosectomia con l’opportunità di poter individuare piani di clivaggio che agevolano il compito. Il secondo, che in questa maniera si ha una buona visuale durate l’intervento, considerata la possibilità di ledere struttura vascolari, come i rami dell’arteria glutea nei curettage della zona sacrale. Si consiglia in ambiente domiciliare di eseguire curettage non esasperati. Si possono ottenere ottimi risultati associando alla detersione chirurgica quella autolitica quando questo risulti possibile.
Ultrasuoni
Tipo particolare di debridement che utilizza ultrasuoni che in funzione della frequenza e intensità dell‘energia meccanica trasmessa, di alterare diverse strutture, dal materiale proteico inerte ai corpi cellulari, esercitando un range di effetti che vanno dalla distruzione alla dislocazione e modificazione fisica.
Questa caratteristica rende questa tecnologia idonea per l‘applicazione in condizioni diverse e in diversi contesti clinici, principalmente con finalità di sbrigliamento, ma anche come coadiuvante nella fase riparativa. Fondamentale è l’esperienza e confidenza con la tecnica per garantire l‘efficacia della procedura ed evitare le possibili complicanze, come emorragia e danneggiamento delle strutture sane.
Idrochirurgico
Si basa un getto di soluzione salina ad alta velocità attraverso una finestra operativa del collettore di evacuazione che crea un vuoto localizzato che trattiene e taglia il tessuto coperto dalla finestra, aspirandone i frammenti.
Più intensa e rapida è l‘irrigazione, più intense sono le energie trasferite ai tessuti e conseguentemente più esteso è il debridement. Le opzioni meno aggressive possono essere utilizzate per la rimozione di residui necrotici, slough e biofilm e di tutti gli altri tipi di materiale con una struttura non ancorata che hanno una consistenza debole e possono essere rimossi facilmente.
Le opzioni più potenti, specialmente quelle che si avvalgono del cosiddetto effetto Venturi, hanno la capacità di sbrigliare in modo preciso tessuti e materiali fibrotici compatti, ed in alcuni casi potrebbero essere utilizzati su strutture ossee, a seconda della velocità e dell‘intensità del flusso del getto che passa attraverso la punta dello strumento.
La preparazione del fondo di lesione e l’asportazione del tessuto non vitale deve tener conto delle conoscenze e delle competenze dell’operatore sanitario. Diverso sarà l’approccio se colui che approccia la lesione è un caregiver/Infermiere senza formazione specifica, un Infermiere con formazione di base in Wound Care o un esperto (chirurgo, Infermiere esperto in Wound Care, od altro consulente specializzato).
Lo schema sottostante mette in relazione il livello di competenza e la procedura consigliata.