Definizione
È la conseguenza dell’aumento di permeabilità nei capillari sanguigni nel tessuto infiammatorio.
Funzione
La formazione dell’essudato tende a circoscrivere il processo morboso impedisce la diffusione dei microrganismi blocca con meccanismo immunitario l’azione di eventuali antigeni dannosi.
Caratteristiche chimico-fisiche
- contenuto proteico < di quello del plasma (2,5–4.5)
- reazione acida per elevata concentrazione di ioni H
- elevato peso specifico (> 1020) pressione osmotica superiore a quella del plasma ( >320)
Composizione
- Cellule di provenienza ematica: Granulociti neutrofili; Eosinofili; Linfociti; Plasmacellule; Macrofagi; Globuli rossi.
- Mucopolisaccaridi: Ac. Ialuronico.
- Proteine: Albumina; Globuline; Fibrinogeno.
L’aumento della permeabilità del microcircolo alle proteine plasmatiche è proporzionale alla gravità del processo infiammatorii e riflette l’entità dell’alterazione della barriera endoteliale
Pertanto è opportuno indicare le varie condizioni cliniche che possono influenzare la produzione di essudato. Questo sono raggruppate nella TABELLA 1.
Le condizioni sopraindicate determina un essudato di diversa caratteristica che può essere cosi raggruppato (TABELLA 2).
Tutte le condizioni precedentemente indicate agiscono direttamente nel determinare la consistenza dell’essudato, (TABELLA 3) che come sarà successivamente sottolineato, condiziona in maniere determinante la terapia generale e locale.
Sicuramente la gestione dell’essudato (M – TIMR/RS) è già di per sé espressione di dinamicità ed è forse quella meno suscettibile di modificazioni. L’esperienza di tutti i giorni ci insegna che la gestione di una lesione con abbondanti fluidi rappresenta per il professionista ’un’ostacolo molto difficile da superare. solo una conoscenza dei meccanismi che sono alla base della produzione di essudato ci consentirà di adottare tutte quelle procedure necessarie per la sua corretta gestione e controllo al fine di evitare macerazione e quanto ne consegue. ed essere da supporto al processo di riparazione tessutale.
L’attuale visione della M (TIMERS – 2019) vuole essere espressione di corretto microambiente, di una ottimale umidità nella quale tutti i processi che caratterizzano la riparazione tissutale possono dinamicamente susseguirsi caratterizzando le varie fasi della guarigione. Il microambiente di lesione è la diretta conseguenza del buon bilanciamento dei fluidi, ma i fluidi da cosa sono rappresentati? Sicuramente, al primo posto vi è l’essudato che sappiamo essere l’espressione diretta della lesione e del suo stato d’essere. Infiammazione, infezione, tessuti devitalizzati e quant’altro ne possono condizionare la quantità. Al secondo posto vi è il trasudato che è l’espressine della malattia che spesso causa e sostiene la lesione. Un esempio esplicativo del concetto: un linfedema cronico, oppure l’imbibizione tissutale da ritenzione idrica degli arti inferiori in una insufficienza venosa cronica, scompenso cardiaco destro o, più in generale, espressione di ipoproteinemia, che sia da insufficiente apporto alimentare o da patologica perdita della riserva proteica, trova nell’ulcera una via di fuga per i liquidi in eccesso. Nella TABELLA 4 sono confrontate le differenze tra ESSUDATO e TRASUDATO.
Ne consegue che all’essudato si sommi anche questa componente trasudatizia che va a spostare l’ago della bilancia dei fluidi verso un eccesso. Tale spropositato aumento non fa altro che tradursi in clinica in un potenziale aumento della colonizzazione batterica, in una perdita di proteine ed elettroliti, nella macerazione dei bordi e nell’arresto del processo riparativo. Ci troviamo di fronte ad un doppio problema. Da una parte gestire la lesione per controllare l’essudato, dall’altra gestire la malattia di base per ridurre l’accumulo di liquido tissutale. Nell’attuale visione (TIMERS019 – WOUNDHYGIENE 2022) viene confermata l’equazione, già proposta (TIMECare 2010)
PECULIARITÀ DEL PAZIENTE + PECULIARITÀ DELLA LESIONE = PECULIARITÀ GESTIONALE DEI LIQUIDI
In questa ottica si deve esclusivamente parlare di “bilanciamento dei fluidi, diventa corretto bilanciamento del paziente, della sua patologia e delle espressioni sintomatiche della stessa. Sul fronte della malattia di base si agirà sul momento eziopatogenetico per il controllo dell’imbibimemto tessutale e di conseguenza sulla componente trasudatizia. Prendendo ad esempio una insufficienza venosa cronica senza indicazione chirurgica, questa potrà trarre vantaggio dalla terapia compressiva, così come una linfostasi cronica. Un edema da ipoproteinemia trarrà invece vantaggio dalla correzione delle riserve proteiche e dalla correzione delle cause di dispersione proteica. Su versante locale, il nostro primo obiettivo sarà quello di provare a modificare la quantità e la viscosità dell’essudato. In presenza un processo infettivo locale, il nostro primo obiettivo sarà quello di ridurre l’infezione per una migliore e più efficiente gestione locale dell’essudato (TIMERS 2019). Questo obiettivo è di primaria importante per l’efficacia delle medicazioni avanzate adoperate per questo scopo. Tutte le medicazioni avanzate non sono in grado di gestire essudati ad alta viscosità. Infatti tutti vanno incontro ad un rapido processo di saturazione che ne impedisce la corretta gestione con conseguente scivolamento dell’essudato tra lesione e medicazione, con conseguente macerazione del margine e della cute perilesionale. (FOTO 1 – 2)
L’operatore al fine di evitare questa complicanza sarà costretto a ridurre il timing per il cambio medicazione. Questo nella piena consapevolezza delle caratteristiche tecniche delle singole classi di medicazioni avanzate, tra le quale sono presenti medicazioni (Idrocolloidi) che non sono in grado di gestire importanti quantità di essudato. Oppure nuove tecnologie (NPWT) in grado di gestire alti volumi di essudato.
La gestione dell’essudato va oltre la necessità di impedire lo sviluppo di un processo infettivo o la macerazione della cute perilesionale. L’essudato agisce da ostalo al processo di riparazione tessutale. Alla base di questa affermazione vi sono 3 importanti e storici lavori scientifici:
1997 – L’Essudato contiene quantità eccessive di metalloproteasi della matrice ( MMP) in grado di degradare le proteine della matrice extracellulare comprese FIBRONECTINA e VITRONECTINA – Falanga V et al.; Chronic Wounds Surg Am
2002 – Nell’ambito della “deregulation fenotipica” un ruolo importante è svolto dall’essudato e dal suo tempo di permanenza sul fondo della lesione. Mulder, Vande Berg; J Am Podiatr Med Assoc
2004 -L’essudato nelle ferite croniche blocca la proliferazione cellulare e l’Angiogenesi. Beasley WD et al.; J Hosp Inf 2004
Ultimo, ma non secondario, è la necessità di gestire l’essudato per il controllo del dolore d che esso può determinare nei pazienti affetti da ulcere cutanee. Durante il processo infiammatori, nella sua fase intermedia, vengono rilasciate dai tessuti PLASMACHINE. Queste sensibilizzano le terminazioni nervose al fondo della lesione che risentono, in maniera eccessiva del:
- peso dell’essudato
- pH essudato
- Accumolo di Ioni K
con conseguente aumento del dolore (SCHEMA 1)